Uno scroscio d’applausi ha concluso la prima serata di Lettere d’Amore, messa in scena sul piccolo palco del Teatro Oscar di Milano fino a domenica 18 maggio. Per quanto non accada praticamente nulla e si vedano solo un uomo e una donna, seduti, a leggere e guardarsi attorno per tutto il tempo, la bravura delle voci e l’espressione dei volti e dei corpi fanno rivivere mezzo secolo di un amore inespresso, epistolare, come forse solo una volta poteva accadere. Il testo è opera di Albert Ramsdell Gurney, autore statunitense di romanzi e testi teatrali, portato a Broadway nel 1989 con enorme successo. La bravissima Valeria Valeri, classe dicembre 1921, ha ancora una volta sedotto il suo pubblico. Con enorme cortesia acconsente di parlarmi in camerino.
Così il suo è uno spettacolo di lettere…?
Sì, è una lettura di lettere. Tutti ne abbiamo scritte. Anche se, forse, oggi ci sono modi diversi per parlare d’amore.
Certo, è vero ma ci si immedesima facilmente nella storia. Quando ha cominciato a fare l’attrice?
A 22 anni vinsi un concorso per annunciatrice radiofonica indetto dalla Rai, arrivando al 2° posto fra centinaia di altre ragazze. E dissi di no all’ultimo momento a un posto sicuro perché proprio allora mi avevano proposto di salire sul palcoscenico. La mia massima aspirazione era fin d’allora il teatro e la recitazione. Poi ho fatto del cinema, tanta televisione e anche di recente ho lavorato in una fiction, Una famiglia in giallo. Ero nonna Caterina, appassionata di investigazioni.
Lei ha avuto una figlia da Enrico Maria Salerno, suo compagno di vita e d’arte. Ha mai lavorato con Chiara Salerno?
Con mia figlia ho fatto un commedia, poi le nostre strade si sono divise.
Pensa che oggi sia più difficile questo mestiere? Cosa serve?
Se non si ha talento, non è possibile fare questo mestiere. Bisogna chiedere a qualcuno, farsi consigliare. Se no è un tormento, non si fa strada, è inutile.
Perché ha scelto Lettere d’Amore?
E' una commedia presentata in tutto il mondo, sempre con grande successo da molti anni. Io la vidi a Parigi e la portai in Italia, dove ho girato a lungo insieme a Paolo Ferrari. Ora lui è impegnato in ‘Sostiene Pereira’, che ho visto, è davvero straordinario e la regia è fantastica. Adesso recito con Giancarlo Zanetti, che è anche il regista di ‘Lettere d’amore’. Il Teatro Oscar vede il nostro debutto milanese. Ho visto Sostiene Pereira e penso anch’io che Paolo Ferrari fosse grandioso e ho visto Rossella Falk in un’opera di Bergman, anche lei emozionante.
Siete tutti bravi e avete passato gli 80 anni. Non vi stancate proprio a fare gli attori?
Ma che dice, siamo in pochissimi, siamo solo 4 gatti. Sono tutti morti: Alberto Lupo, Gino Bramieri, Enrico Maria Salerno, Ernesto Calindri col quale ho praticamente debuttato nel 1950, Alberto Lionello… sono tutti andati. Siamo pochi quelli della vecchia guardia. Ma il nostro è un lavoro in cui servono anche i vecchi, stanno nelle storie e questo mestiere non ha tempo. Non c’è. Si può interpretare un nonno, una vedova, un vecchietto, serve sempre salire sul palco. Si va in pensione come gli altri, logicamente e se si lavora non si prende nulla. Però siamo indispensabili.
Volevo dire che siete ammirevoli! Non aveva proprio mai pensato a fare altro?
Da giovane pensavo di diventare tante cose, avevo altri ideali, come insegnare, o andare in Africa a fare la volontaria. Avrei voluto fare l’archeologa, anche la ballerina classica. Invece l’anno prossimo faccio un musical con la Compagnia dei giovani di Maurizio Costanzo. E’ una follia… Per adesso mi hanno fatto solo la proposta e ho detto di sì. I dettagli non sono ancora definiti. Intanto andrà in onda in televisione la seconda edizione di ‘Una famiglia in giallo’, con un nuovo nome: adesso che non c’è più Giulio Scarpato si chiamerà ‘Il commissario Manara’. Il nuovo protagonista, Guido Caprino, è bravissimo, davvero un gran bel tipo.
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